Un team di ricerca dell’UNIST (Ulsan National Institute of Science and Technology) ha messo a punto una “foglia artificiale” modulare capace di produrre idrogeno verde direttamente da sole e acqua, senza l’uso di energia elettrica esterna e senza generare emissioni di carbonio. L’idea prende spunto dalla fotosintesi naturale, il processo con cui le piante, grazie alla clorofilla, trasformano la luce solare in energia chimica producendo zuccheri e ossigeno.
Normalmente, l’idrogeno verde viene ricavato tramite elettrolisi dell’acqua alimentata da fonti rinnovabili come solare, eolico, idrico, geotermico o biomasse. Nel caso del fotovoltaico tradizionale, però, bisogna affrontare perdite di efficienza sia nella fase di conversione della luce in elettricità, sia nella successiva produzione di idrogeno, senza dimenticare l’usura dei materiali. La foglia artificiale dell’UNIST elimina questo passaggio intermedio, convertendo direttamente l’energia solare in energia chimica, con vantaggi evidenti in termini di rendimento e ingombro.
Il vero ostacolo della cosiddetta “fotosintesi artificiale” finora è stato l’equilibrio tra efficienza, durata e possibilità di produzione su larga scala. Il gruppo guidato dai professori Jae Sung Lee, Sang Il Seok e Ji Wook Jang è riuscito a superarli tutti, grazie a un innovativo fotoelettrodo in perovskite potenziato con catalizzatori a base di nichel, ferro e cobalto. Questo ha permesso di realizzare un modulo 4×4 integrato con batteria solare e fotocatalizzatore, capace di raggiungere un’efficienza record dell’11,2% nel passaggio da luce solare a idrogeno — quasi quattro volte superiore ai precedenti risultati, che non superavano il 3%.
Secondo il professor Lee, il limite principale delle versioni precedenti era l’elevato costo delle celle solari in silicio, che frenava la fattibilità economica. La soluzione proposta combina materiali più economici e prestazioni più elevate, aprendo la strada a un utilizzo commerciale. Pubblicata a maggio su Nature Communications e sostenuta dal Ministero coreano della Scienza e dell’ICT insieme all’Institute for Basic Science, la ricerca segna un punto di svolta: superare il 10% di efficienza con un modulo scalabile significa che le applicazioni reali sono ormai a portata di mano.
Il segreto sta nei materiali: lo strato di perovskite — arricchito e protetto — ottimizza la cattura della luce, mentre rivestimenti resistenti ai raggi UV e protezioni avanzate per il catalizzatore ne garantiscono la stabilità. I test hanno mostrato che, anche dopo 140 ore di funzionamento continuo in condizioni reali di sole e umidità, i moduli conservano il 99% delle prestazioni iniziali. Inoltre, il design modulare permette di assemblare superfici più ampie, simili ai pannelli fotovoltaici convenzionali. Gli scienziati stimano che la tecnologia potrebbe arrivare sul mercato entro cinque anni.